Leucemia linfatica cronica
Che cos'è
Si tratta della leucemia più comune nel mondo occidentale ed è tipica del paziente anziano. In media colpisce ogni anno circa 5 persone su 100.000 abitanti e l’incidenza aumenta con l’aumentare dell’età. L’età media alla diagnosi è attorno ai 72 anni.
Nella maggior parte dei casi la linfocitosi si presenta modesta all’esordio mentre l’accumulo di cellule nel sangue divenga significativo a distanza di tempo. In alcuni casi la malattia è caratterizzata principalmente dall’ingrandimento delle linfoghiandole (linfonodi) e/o della milza, con una piccola linfocitosi.
Nella leucemia linfatica cronica un linfocita B subisce una trasformazione maligna e produce un clone linfocitario, cioè un insieme di un gran numero di cellule uguali tra loro che non rispondono più agli stimoli fisiologici e continuano a riprodursi e accumularsi.
La maggior parte dei casi di leucemia linfatica cronica per molti anni non richiede trattamento e, in caso di necessità, risponde molto bene alla terapia.
Segni e sintomi
In oltre il 60 per cento dei casi la diagnosi è occasionale nel corso di un esame del sangue eseguito per un’altra ragione. È possibile rilevare un ingrossamento di un linfonodo al collo, alle ascelle o all’inguine (di consistenza elastica e non doloroso al tatto) oppure l’ingrossamento della milza (splenomegalia) e del fegato (epatomegalia).
Con il progredire della malattia possono comparire altri sintomi comuni ad altre leucemie, provocati dall’invasione del midollo osseo da parte delle cellule maligne che soppiantano le cellule ematiche normali. Tali sintomi comprendono: stanchezza, pallore e palpitazioni (dovuti all’anemia) ed emorragie (per la riduzione delle piastrine).
L’aumento dei linfociti impedisce, inoltre, la produzione nel midollo osseo delle altre cellule di difesa: per questo i pazienti hanno un sistema immunitario più debole e sono predisposti a infezioni. In una piccola parte dei casi vi sono sintomi come febbre non spiegata, sudorazione notturna e perdita di peso.
Fattori di rischio e prevenzione
Non sono stati identificati fattori di rischio. Nei familiari di primo grado di pazienti affetti da leucemia linfatica cronica l’incidenza è maggiore rispetto ai soggetti senza parenti affetti da questa malattia.
I pazienti con leucemia linfatica cronica hanno un maggiore rischio di sviluppare secondi tumori, soprattutto cutanei.
Diagnosi
La diagnosi si effettua con degli esami del sangue (emocromo, immunofenotipo linfocitario) e una visita medica. Una volta confermata la diagnosi si eseguono ulteriori prelievi di sangue per esami di biologia molecolare (mutazioni di Immunoglobuline, ricerca aberrazioni cromosomiche in FISH, mutazioni di TP53) e una valutazione ecografica dell’addome.
Cure e trattamenti presso il CRO
La leucemia linfatica cronica è una malattia a crescita lenta. Una volta effettuata la stadiazione, non è detto che tutti i pazienti debbano essere subito sottoposti alle terapie. In molti casi il trattamento inizia solo quando la malattia diventa sintomatica, adottando la "vigile attesa" (effettuando controlli periodici sull’andamento della malattia).
I nuovi farmaci non chemioterapici hanno rivoluzionato la terapia della leucemia linfatica cronica, sostituendosi in parte alla chemioterapia. L’obiettivo è di renderli disponibili per tutti i pazienti come prima terapia di scelta. Tuttavia in Italia ci sono alcune limitazioni dovute a procedure di approvazione e rimborsabilità ancora in corso.
Attualmente nei pazienti al di sopra dei 65 anni la terapia di prima linea è prevalentemente basata sui nuovi farmaci (quali gli inibitori della tirosin-chinasi di Bruton). Per i pazienti al di sotto dei 65 anni non ci sono alternative alla chemioterapia, anche se è recente l’approvazione di un inibitore della tirosin-chinasi di Bruton anche per questa fascia di età. Tutti i pazienti portatori di mutazioni di TP53, indipendentemente dall’età, sono trattati esclusivamente con queste nuove categorie di farmaci.
In Istituto è presente il Gruppo aziendale multidisciplinare oncologico (GAMO) Patologie oncoematologiche, costituito da specialisti di varie discipline che si riuniscono a cadenza regolare per stabilire indicazioni condivise sul trattamento dei pazienti oncologici.
Vedi anche:
Studi clinici
- Caratterizzazione multilivello delle malattie ematologiche e oncoematologiche mediante analisi omiche integrate (IRSTB100 L3P2065, INTHEMA)
- Combinazione di Venetoclax e Obinutuzumab come terapia di prima linea seguita da Venetoclax oppure da Venetoclax in associazione a Zanubrutinib in caso di malattia residua: trattamento per pazienti giovani con leucemia linfatica cronica e caratteristiche genetiche prognosticamente sfavorevoli basato sulla malattia minima residua (CLL2222, Studio VIS)
- Radioterapia moderna per il trattamento di ampie localizzazioni cutanee di tipo ematologico dei tumori maligni. Uno studio multicentrico della Fondazione Italiana Linfomi (Tomo-Skin)
- Studio di fase Ib/II, in aperto, multicentrico, sulla sicurezza e sull’efficacia di KRT-232 in combinazione con Acalabrutinib in soggetti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule B recidivante/refrattario o leucemia linfatica cronica recidivante/refrattaria (KRT-232-111)
- Studio di fase III su Erdafitinib rispetto a Vinflunina o Docetaxel o Pembrolizumab in soggetti con tumore uroteliale avanzato e aberrazioni selezionate del gene FGFR (42756493BLC3001,THOR)
- Studio osservazionale sulla diagnosi e gestione della leucemia linfatica cronica in Italia promosso dal Gruppo italiano malattie ematologiche dell’adulto (GIMEMA) (GIMEMA CLL21 21)
- Studio prospettico sull’incidenza della riattivazione del virus dell’epatite B nei pazienti HBsAg positivi con linfoma diffuso a grandi cellule B o con leucemia linfoide cronica trattati con Rituximab, chemioterapia e Tenofovir Alafenamide (GIMEMA CLL1818)