Patologie

Leucemia linfoblastica acuta

La leucemia linfoblastica acuta (LLA) è una neoplasia ematica che origina dai linfociti caratterizzata da un accumulo di cellule nel sangue, nel midollo osseo e in altri organi. Si definisce acuta perché compare e progredisce rapidamente.

Che cos'è

Nella leucemia linfoblastica acuta il midollo osseo produce un elevato numero di globuli bianchi anomali che presentano mutazioni genetiche nel DNA e si accumulano nel midollo intaccandone il corretto funzionamento.

La patologia ha quindi origine nel midollo osseo, dove si trovano i progenitori delle cellule del sangue che giungono a maturazione prima di entrare nel torrente circolatorio. Le mutazioni che le cellule leucemiche subiscono determinano l’accumulo di elementi clonali (detti blasti) nel sangue midollare con la sostituzione della controparte normale che diventa insufficiente allo svolgimento delle normali funzioni del sangue (ossigenazione dei tessuti, contrasto alle emorragie, contrasto alle infezioni e barriera immunologica).

La leucemia linfoblastica acuta è considerata una patologia sistemica già all’esordio. Può infatti interessare fin da subito l’intero organismo con elementi neoplastici che possono raggiungere tutti i tessuti, in particolare i linfonodi, il fegato, la milza e, più raramente, il sistema nervoso centrale e i testicoli.

Le cause della malattia non sono al momento note, ma sembrano implicare fattori genetici e ambientali.

Le leucemie linfoblastiche acute vengono classificate in base alle caratteristiche di origine della cellula blastica, riconoscibili attraverso caratteristiche morfologiche (visione al microscopio), immunofenotipiche (antigeni al citofluorimetro), citogenetiche (cariotipo) e molecolari (alterazioni geniche). Vengono distinte in linfoidi a fenotipo B (da linfociti B) o T (da linfociti T) e successivamente classificate in base alle anomalie genetiche.

Segni e sintomi

La sintomatologia clinica può essere acuta o subacuta e i sintomi possono comparire anche alcune settimane prima della diagnosi.

La rapida espansione della componente leucemica impedisce la normale crescita e differenziazione delle cellule midollari con conseguente anemia, neutropenia e piastrinopenia responsabili dei seguenti segni clinici:

  • anemia con affaticamento, tachicardia e pallore;
  • trombocitopenia (causa di manifestazioni emorragiche);
  • neutropenia (responsabile di febbre e infezioni).

In alternativa, l’esordio della malattia si può manifestare con la crescita di volume degli organi linfoidi e principalmente di linfonodi, milza o fegato. In questi casi, in base alla sede e al volume di crescita degli organi coinvolti, si potrà manifestare dolore o tosse, se sono interessati i linfonodi toracici.

Fattori di rischio e prevenzione

I fattori di rischio per lo sviluppo di una leucemia linfoblastica acuta sono:

  • fattori ambientali (come l’esposizione a radiazioni, anche da radioterapia, e ad alcune sostanze chimiche industriali come il benzene e la formaldeide);
  • età e sesso (l’età pediatrica e il sesso maschile aumentano il rischio di sviluppare la malattia);
  • sindromi ereditarie con anomalie genetiche (sindrome di Down, di Klinefelter, anemia di Fanconi, atassia-teleangiectasia, neurofibromatosi) associate a una predisposizione per la malattia.

L’unico metodo di prevenzione conoscciuto al momento consiste nell’evitare l’esposizione a fattori tossici o ambientali.

Diagnosi

Per la diagnosi di leucemia linfoblastica acuta la prima fase è rappresentata da uno squilibrio dell’emocromo (anemia, pistrinopenia o leucocitosi/leucopenia) e dall’esame al microscopio delle cellule del sangue periferico (prelievo di sangue venoso) e del midollo osseo (aspirato midollare e biopsia ossea). Insieme allo studio morfologico delle cellule midollari e del sangue periferico viene effettuato l’immunofenotipo che è lo studio delle alterazioni cromosomiche e molecolari. Questi esami sono molto importanti per la definizione della categoria di rischio (elevato, intermedio o basso) e per il monitoraggio della risposta ai trattamenti.

Un’ulteriore diagnostica fondamentale è la ricerca molecolare del cromosoma Philadelphia (Ph+). Inoltre alcuni fattori prognostici (quali età, conta leucocitaria, cariotipo, interessamento del sistema nervoso centrale) aiutano a determinare il protocollo terapeutico e l’intensità in base alle classi di rischio.

La Tomografia computerizzata con mezzo di contrasto viene realizzata per escludere l’interessamento del sistema nervoso centrale e rilevare eventuali masse linfonodali a livello mediastinico (torace) o addominale (linfoadenopatie lomboaortiche) e il volume e le caratteristiche di fegato e milza (epato-splenomegalia).

Cure e trattamenti presso il CRO

La terapia viene decisa in base alle categorie di rischio del paziente. È costituita da schemi inseriti in protocolli clinici condivisi dai centri di ematologia con esperienza nel campo della cura delle leucemie.

Il trattamento per la leucemia linfoblastica acuta di nuova diagnosi si basa generalmente su 3-4 cicli di chemioterapia (che durano dai 9 ai 12 mesi) a cui segue una chemioterapia di mantenimento (durata di circa 3 anni).

Le fasi principali sono:

  • chemioterapia sistemica (induzione, consolidamento, intensificazione e mantenimento);
  • chemioterapia profilattica del sistema nervoso centrale e, talvolta, radioterapia del sistema nervoso centrale.
  • inibitori delle tirosin-chinasi (solo per la leucemia linfoblastica acuta Ph+).

In base alla fase e al rischio del paziente, alcuni trattamenti possono integrare il percorso di cura (immunoterapia, terapia mirata, trapianto di cellule staminali e/o radioterapia).

In Istituto è presente il Gruppo aziendale multidisciplinare oncologico (GAMO) Patologie oncoematologiche, costituito da specialisti di varie discipline che si riuniscono a cadenza regolare per stabilire indicazioni condivise sul trattamento dei pazienti oncologici.

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