Tumori dell'ovaio
Che cos'è
Il tumore ovarico appartiene al gruppo delle neoplasie rare e, pur occupando il decimo posto per incidenza fra i tumori femminili (3 per cento), si trova al primo posto per mortalità tra le neoplasie della sfera ginecologica. L’elevata mortalità è attribuibile a molti fattori, in particolare alla diagnosi che avviene generalmente quando la malattia si trova in stadio avanzato. Questa caratteristica è determinata da una sintomatologia d’esordio aspecifica e tardiva e dall’assenza di strategie di screening validate che consentano di effettuare una diagnosi precoce (eccezione fatta per le donne portatrice di alterazioni dei geni BRCA1 e BRCA2).
Le forme più frequenti di tumore ovarico sono quelle di origine epiteliale (60 per cento dei casi) e colpiscono donne in età riproduttiva e in post menopausa. Fra i tumori epiteliali dell’ovaio, le forme sierose di alto grado rappresentano circa il 70 per cento e sono associate, nel 50 per cento dei casi, a deficit genetici che alterano i meccanismi di riparazione dei danni al DNA.
Segni e sintomi
La sintomatologia d’esordio del cancro ovarico è aspecifica e questo generalmente determina un ritardo nella diagnosi. Tra i principali disturbi d’esordio troviamo gonfiore addominale, difficoltà digestive, senso di pienezza dopo i pasti, perdita dell’appetito e calo di peso. La presenza di una cisti ovarica sospetta riscontrata durante una visita ginecologica di routine può essere il motivo di ulteriori approfondimenti diagnostici che portano alla diagnosi di tumore ovarico.
Fattori di rischio e prevenzione
Tra le condizioni di rischio maggiormente correlate allo sviluppo del cancro ovarico si annoverano fattori endocrini legati alla stimolazione ovarica (es. infertilità, prima gravidanza dopo i 35 anni o non aver mai partorito), fattori familiari (storia familiare positiva per carcinoma ovarico o pregresso tumore colico, endometriale o mammario) e genetici legati alla presenza di un’alterazione di geni (in particolare i geni BRCA1 e BRCA2) che predispongono a un rischio incrementato di sviluppo di tumori ovarici, mammari e altre neoplasie.
A oggi non esistono metodiche adatte per la diagnosi precoce del tumore ovarico. Si stima che la diffusione del test BRCA alle pazienti già affette da questa neoplasia permetterà di identificare le forme ereditarie di malattia e adottare misure di prevenzione primaria (es. chirurgia ovarica profilattica) sui parenti sani.
Diagnosi
La visita ginecologica specialistica è fondamentale nella donna con sospetto carcinoma ovarico ed è importante che sia eseguita da un ginecologo esperto in materia oncologica. Gli esami strumentali come l’ecografia transvaginale (condotta da operatore specializzato), Tomografia computerizzata (TC) o Tomografia a emissione di positroni (PET) sono tappe fondamentali del percorso diagnostico.
La biopsia condotta attraverso un intervento chirurgico di laparoscopia esplorativa o per via transvaginale permettono una corretta diagnosi istologica. Tuttavia non è raro che si giunga alla diagnosi durante l’intervento di laparotomia con l’ausilio di una valutazione patologica estemporanea.
Cure e trattamenti presso il CRO
Nelle pazienti con tumore in stadio iniziale la chirurgia è curativa nel 70 per cento dei casi. Nei tumori più avanzati, l’obiettivo è quello di asportare tutta la malattia visibile con possibile sacrificio di organi addominali e pelvici. Infatti, l’assenza di residuo tumorale alla radicalizzazione chirurgica aumenta le probabilità di cura ed è correlata, oltre che alla diffusione di malattia, all’esperienza dell’équipe chirurgica. Questo sottolinea ulteriormente l’importanza per le pazienti di afferire a centri oncologici a elevata esperienza nel trattamento di questa neoplasia.
A integrare la chirurgia si aggiunge il trattamento medico adiuvante che prevede l’impiego di regimi chemioterapici di combinazione (come l’associazione di carboplatino e paclitaxel).
Per le donne non candidabili a trattamento chirurgico radicale, una valida alternativa terapeutica è data da un trattamento chemioterapico neoadiuvante seguito da una chirurgia d’intervallo e dal completamento della chemioterapia nella fase post chirurgica.
Nonostante il miglior trattamento chirurgico e la chemioterapia, attualmente circa il 70 per cento delle pazienti con carcinoma ovarico in stadio avanzato va incontro a recidiva entro i primi 2 anni. La necessità di aumentare le possibilità di guarigione, insieme alle nuove scoperte di biologia molecolare, hanno portato all’avvento di nuovi farmaci a bersaglio molecolare, come il bevacizumab (anticorpo monoclonale che interferisce con la neoangiogenesi tumorale) e gli inibitori dell’enzima PARP. La terapia di mantenimento con gli inibitori di PARP sembra essere particolarmente efficace nelle pazienti con mutazione dei geni BRCA1 o BRCA2 o con altre alterazioni a carico del sistema di riparo del DNA. Alla luce di questi importanti risultati, l’esecuzione del test BRCA al momento della diagnosi assume un ruolo imprescindibile per la pianificazione dell’iter terapeutico più adatto alle pazienti, in relazione alle loro caratteristiche cliniche e ai dati molecolari a disposizione.
Per le forme ereditarie di cancro ovarico, il counseling genetico è una tappa fondamentale, in particolare per programmare le strategie di prevenzione sui parenti sani. L’adesione a sperimentazioni cliniche che valutano l’efficacia di nuove molecole antitumorali in pazienti con nuova diagnosi o recidiva di tumore ovarico rappresenta una possibilità terapeutica aggiuntiva che dovrebbe essere sempre presa in considerazione.
In Istituto è presente il Gruppo aziendale multidisciplinare oncologico (GAMO) Tumori genitali femminili, costituito da specialisti di varie discipline che si riuniscono a cadenza regolare per stabilire indicazioni condivise sul trattamento dei pazienti oncologici.
Vedi anche:
Studi clinici
- Olaparib oltre la progressione confrontato con chemioterapia a base di Platino dopo citoriduzione secondaria in pazienti con recidiva da carcinoma ovarico. MITO 35b, studio di fase III randomizzato: un progetto dei gruppi MITO-MANGO (MITO 35b)
- Studio clinico di fase II di Olaparib in pazienti con cancro ovarico recidivante wild type per mutazione germinale e somatica dei geni BRCA1 e 2: studio traslazionale MITO 31 (MITO 31)
- Studio di fase II, prospettico, non randomizzato su MK- 3475 (Pembrolizumab) in pazienti con carcinoma ovarico, delle tube di Falloppio e primitivo del peritoneo, ricorrente, platino resistente, con CPS>1 (MITO 27)
- Studio di fase II: terapia di mantenimento con Trabectedina dopo terapia di combinazione con Doxorubicina Liposomiale e Trabectedina vs terapia di combinazione con Doxorubicina Liposomiale e Trabectedina in pazienti affette da carcinoma ovarico recidivato tra 6 e 12 mesi dopo chemioterapia a base di Platino (TRAMANT-01)
- Studio di fattibilità per la diagnosi genomica congiunta di rischio genetico e di sensibilità ai nuovi farmaci nelle neoplasie della mammella, ovaio e colon-retto (GERSOM)
- Studio multicentrico, prospettico, a singolo braccio, di Olaparib come terapia di mantenimento in pazienti BRCA wild type con nuova diagnosi di carcinoma avanzato ovarico, delle tube di Falloppio e primitivo del peritoneo (MITO 35a)
- Studio osservazionale di coorte, retrospettivo-prospettico, multicentrico, mirato a raccogliere i dati mutazionali relativi all’analisi di Next-Generation-Sequencing (NGS) ed esplorarne la correlazione con gli outcomes clinici in pazienti affetti da neoplasie della sfera ginecologica. The MITO GYNecological cancers GEnetic profile Registry study (GYNGER)
- Studio randomizzato di fase III su NIraparib-TSR 042 (Dostarlimab) vs CHEmioterapia a scelta del medico, in pazienti con tumore ricorrente ovarico, delle tube di Falloppio o primitivo del peritoneo, non candidabili a un trattamento a base di platino: studio NItCHE (MITO 33)
- Studio randomizzato, su base molecolare, di fase II con Carboplatino-Paclitaxel-Bevacizumab vs Carboplatino-Paclitaxel-Bevacizumab-Rucaparib vs Carboplatino-Paclitaxel-Rucaparib, in accordo allo status HRD, in pazienti con tumore ovarico avanzato (stadio IIIB-C-IV), primitivo del peritoneo e della tuba di Falloppio, preceduto da uno studio di fase I, di identificazione della dose, con Rucaparib in combinazione con Bevacizumab (MITO 25.1)
- Sviluppo di un biomarcatore per predire l'efficacia della terapia anti-angiogenica nel cancro dell'ovaio. OutCoME (Ovarian Cancer e MultimErin-2)